Stiamo davvero crescendo “ragazzi-peluche”?

“Invece che fare i genitori, ci siamo trasformati a poco a poco nei sindacalisti dei nostri figli, sempre pronti a batterci affinché venga spianata loro la strada verso il nulla, perché non c’è meta ambiziosa la cui strada non sia impervia … ne è venuta fuori una “società pantofola” protesa a preservare i giovani da ogni sforzo … la conseguenza è ciò che gli psicologi chiamano psicastenia, mancanza di resistenza alla fatica mentale: ragazzi-peluche, che alla prima difficoltà si accartocciano su sé stessi”.

Tratto dal libro “Contro i papà” di Antonio Polito, Rizzoli Editore.

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Possiamo continuare ad ignorare un messaggio come quello veicolato da Antonio Polito, oppure guardarci intorno ed ammettere che forse sì un problema c’è (o almeno facciamoci venire il dubbio).

Tutti vogliono rendere felici i propri figli e solo un folle penserebbe che questo è sbagliato, ma preservarli da ogni disagio li aiuterà davvero a crescere? Con disagio non intendo reali stati di sofferenza ma semplicemente stati emotivi che tutti abbiamo vissuto da bambini e che continuiamo a vivere da adulti.

Un esempio su tutti? La Noia!

Al primo segnale di noia che osserviamo nei nostri figli ecco che la soluzione magica sono tablet e smartphone, e così ristoranti, mezzi di trasporto e spiagge si riempiono di bambini ripiegati su loro stessi, fissi a NON guardare il mondo sullo schermo. Avete mai pensato che dopo dieci minuti di assoluta noia i vostri bambini potrebbero trovare una soluzione creativa a questo loro stato di “malessere”?

Ricordo da bambina che luoghi apparentemente insignificanti diventavano spesso mondi fantastici …

Forse dovremmo imparare semplicemente a lasciar annoiare i nostri figli, potrebbe aiutarli ad essere più creativi e più “connessi” al mondo che li circonda, quello reale.

Questo li aiuterà oggi nel loro essere bambini, ma li aiuterà soprattutto domani, nel loro essere adulti.

Ho spesso a che fare con ragazzi giovani neolaureati che entrano nel mondo del lavoro ed una cosa che mi ha fatto molto riflettere ultimamente è che in diverse occasioni e persone differenti mi hanno detto “questa cosa non la faccio perché non mi piace” … Stiamo davvero insegnando questo agli adulti di domani? Cosa faranno quando si troveranno a dover fare cose non piacevoli in un contesto lavorativo? Cosa faranno di fronte ad un capo poco indulgente? Quali saranno le conseguenze? Un lavoro, qualsiasi esso sia, è giusto che si faccia con passione, ma credo che a tutti noi sia capitato di svolgere qualche attività che non amiamo particolarmente .. sono certa sia io che voi la facciamo ugualmente.

Preservarli costantemente da situazioni spiacevoli non permetterà loro di sviluppare la resilienza, ovvero la “capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà”.

Senza la resilienza come sapranno affrontare le emozioni negative, se da piccoli non avranno imparato a conoscerle e gestirle?

C’è chi sostiene che alla base dei femminicidi da parte di giovani adulti ci sia proprio questo, ovvero l’incapacità di accettare il rifiuto e le emozioni negative ad esso connesse … Non è di mio interesse in questo breve articolo, affrontare un fenomeno tanto complesso, tuttavia riflettiamo tutti.

Scritto da Veronica Chantal Bertarini

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