IL COACH GIUSTO PER PICCOLI CAMPIONI

A qualsiasi livello lo sport venga praticato, la figura del coach è fondamentale.

Se a livello professionistico si ha a che fare con atleti senior e questo aspetto potrebbe avere un’importanza minore, nelle squadre giovanili l’importanza del coach viene amplificata all’ennesima potenza. Il coach infatti, non dovrebbe essere soltanto un preparatore fisico dell’atleta ma colui che fornisce il supporto psicologico di cui ogni atleta ha bisogno. Il suo ruolo di Leader lo mette in una posizione tale che, per gli atleti più giovani diventa una figura di riferimento come può essere un genitore. Proprio come gli insegnanti a scuola, che non dovrebbero interpretare il ruolo di maestri in senso stretto alle specifiche materie scolastiche, ma che dovrebbero innanzitutto essere maestri di vita; il coach si trova ad avere il difficile compito di essere un modello da seguire non soltanto a livello sportivo ma anche a livello umano.

Nella ricerca di Giossi e Bertani (1993) si riscontra proprio come l’attività sportiva e il lavoro dell’allenatore vengano visti come l’elemento di congiunzione tra il sistema familiare e il gruppo di coetanei dell’atleta.

Per tutto il ‘900 si sono susseguite diverse teorizzazioni sulla figura del leader e sulle caratteristiche che, la persona identificata come tale, dovesse avere. Una tra le più interessanti classificazioni delle varie tipologie di leader viene formulata da Likert (1967) il quale, dedicandosi alla studio empirico della leadership nelle aziende, individua quattro stili differenti:

1) Leader autoritario-sfruttatorio
2) Autoritario-benevolo
3)Consultivo
4)Partecipativo

Dai risultati di questi studi si constatò che gli stili autoritari permettevano di ottenere risultati rapidi ma solo per brevi periodi di tempo, mentre gli stili democratici richiedono un maggiore impiego di tempo ma i risultati sono più duraturi. A mio parere questo è il punto cruciale che affligge la maggior parte degli allenatori. La domanda che dovrebbero farsi è: voglio essere un “boss”, o voglio essere un “leader”?

Tempo fa, ho assistito ad un intervento di Renato Pasquali, coach di pallacanestro che attualmente allena in serie A in Svizzera. Dopo una mattinata intensa di spiegazioni tecniche e tattiche che sinceramente, mi fecero quasi addormentare, il coach concluse con una frase che mi fece saltare in piedi ed applaudire:

“Io non classifico gli allenatori come bravi o cattivi: la mia distinzione è tra gli allenatori che mettono se stessi davanti ai ragazzi e si fanno spingere avanti da loro, e gli allenatori che si mettono dietro, e spingono i ragazzi in avanti. Decidete voi che tipo di allenatore volete essere.”

Per i giovani atleti che si approcciano ad uno sport, prevale assolutamente la parte ludica dello sport in questione. Per questa fase iniziale infatti sono preferibili coach predisposti al divertimento senza obiettivi di chissà quali vittorie, premi o riconoscimenti… la loro vittoria più grande dovrebbe essere, alla fine di ogni allenamento o gara, il sorriso dei loro piccoli campioni.

Alessandra Visconti
Psicologa, Cestista e capitana della nazionale di basket 3×3.